In quanto uomo, m'impegno ad affrontare il rischio dell'annientamento perché due o tre verità gettino sul mondo
la loro luce essenziale (Frantz Fanon)

venerdì 20 settembre 2013

in margine a un convegno

Nell'ambito della festa dei popoli, si sono tenuti, a Novara, due interessantissimi incontri (un seminario e un convegno), sul tema delle seconde generazioni.
Siamo ancora, a quanto pare, nella fase in cui ci si deve accattivare l'opinione della piccola borghesia retriva e si è parlato prevalentemente di immigrati buoni, quelli che non fanno casino e chiedono rispettosamente, col cappello in mano, qualche diritto.
Sono anche loro, nella stragrande maggioranza, ottime persone, ma è proprio fra di loro che si annidano, provvisoriamente dominati, gli elementi che condividono, in tutto e per tutto, l'ideologia dei ceti dominanti.
Per chi, come me, vorrebbe ancora cambiare il mondo, è molto più affidabile, per quanto antipatico e magari pericoloso, l'immigrato fiero, ribelle e strafottente che non chiede niente, ma vuole tutto.
Solo tra le righe, facevano la loro comparsa, questi immigrati:
Scontri nella banlieu parigina
Scontri nella periferia londinese
Scontri alla periferia di Stoccolma
Qui, le seconde, e talvolta terze, generazioni dimostrano che una pluriennale strategia volta all'integrazione (con risorse ben differenti da quelle che possiamo mettere in campo noi) non basta - fortunatamente - per ammaestrarle.
Se qualcuno pensa che questi fenomeni siano lontani, e non ci riguardino, si dia una rinfrescata alla memoria, guardando queste immagini:
Scontri a Milano nella zona di via Sarpi
Scontri a Milano tra nordafricani e latinoamericani
La questione, dunque, ci interroga. E a loro, ai ribelli, e non agli assimilati che esprimono velleità imprenditoriali, che dobbiamo quelle risposte che non abbiamo e che, probabilmente non avremo mai. 
Ben integrata?

Nel nostro modo di approcciarci al problema, ricapitoliamo inconsapevolmente l'evoluzione storica della dialettica tra servi e padroni degli ultimi tre secoli.
Noi per loro, con lo spirito filantropico del socialismo ottocentesco, e con un pizzico di carità pelosa di matrice cattolica, si sono mobilitate  le coscienze democratiche contro la xenofobia ottusa suscitata dalle prime ondate migratorie.
Edmondo De Amicis
Noi con loro, è la fase attuale; gli illuministi autoctoni si relazionano con gli immigrati, per avanzare insieme rivendicazioni.
E' un obiettivo passo avanti, ma la sua validità dipende dalla capacità di questi ultimi ad esprimere, come interlocutori, avanguardie autentiche.
C'è il rischio che una mancata evoluzione delle organizzazioni dei migranti, sfociando nel lobbismo, privilegi le varianti etniche delle élites .
Cécile Kyenge

In questo caso, si tornerebbe indietro, anche rispetto alla precedente fase socialdemocratica, per replicare la strategia neocolonialista di mantenimento dello status quo, affidando alle borghesie delle differenti etnie il compito di tenere a bada i propri ceti subalterni.
Per evitare questo rischio, bisogna che arrivi una terza fase: loro per loro. 
I migranti devono organizzarsi autonomamente per dirigere le proprie lotte.
Una via di Algeri
Solo dopo questo passaggio si potranno tessere rapporti organici con le residue forze antagoniste autoctone.