In quanto uomo, m'impegno ad affrontare il rischio dell'annientamento perché due o tre verità gettino sul mondo
la loro luce essenziale (Frantz Fanon)

mercoledì 25 aprile 2012

25 aprile

ORA E SEMPRE RESISTENZA

giovedì 19 aprile 2012

la violenza

La violenza ci sarà, inevitabilmente.
Il potere la teme e il docile apparato propagandistico dei media si affretta a vederla anche quando non c'è, per esecrarla in anticipo, isolarla, esorcizzarla.
Negli ambienti di sinistra, qualche vecchio rincoglionito, con arie di saggio, ammonisce: i satelliti spiano tutto, non ci si può muovere.
Naturalmente, tali satelliti esistono come le armi segrete di Hitler, come ben sanno i pirati somali.
Per adesso, comunque, la violenza, quella vera, di massa, diffusa, incontenibile, non esplode, ma cova nell'immaginario individuale.
Nessuna agenzia osa sondare gli Italiani su cosa ne penserebbero di un eventuale ritorno di BR, sparacchianti su governanti, parlamentari e padroni. E se anche si facesse un tale sondaggio, occorrerebbe falsarne i risultati.
Daniela Santanchè, ottimista, pensa che la gente, nel migliore dei casi, vorrebbe mandarla,  a casa insieme a tutti i suoi colleghi, e nel peggiore, in galera. Si sbaglia, si vorrebbe impiccarli tutti.
Ma nulla si muove, anche i poveri pensano di aver ancora qualcosa da perdere.
A far precipitare la situazione ci penserà questo governo di dementi tecnici, che assolutamente al digiuno di economia politica, cerca di amministrare uno stato con i criteri con cui si gestisce una privativa di paese.
Ma anche a livello di economia aziendale, non sono aggiornati, tronfiamente fissati, come sono, sulle proprie cattive e ormai vecchie  traduzioni dall'inglese.
Si sono perciò messi in un vicolo cieco, possono solo continuare ad arricchire i ricchi e a impoverire i poveri; il loro sistema non prevede, né può farlo, alcuna redistribuzione. Si spera nelle briciole sparse dall'ulteriore arricchimento di una ventura (e impossibile) crescita.
Si è visto come operano: non fanno la patrimoniale, perché rende poco, ma poi si scopre che dieci persone hanno l'equivalente di ricchezza di tre milioni di poveri cristi; si apprestano a fare fiscalmente le pulci alle domestiche a ore, ma non si sognano di smontare i meccanismi di elusione fiscale, di cui essi stessi approfittano.
Inutile dire che nessuno dei membri della casta tecnico-politica-padronale investe un euro in quei titoli di stato che noi dobbiamo difendere, tirando la cinghia.
Il risultato sarà la rovina, rapida e irredimibile, non solo degli strati popolari, ma anche dei ceti piccolo e medio borghesi.
Saranno messi in forse consumi essenziali: sanità, riscaldamento, alimentazione.
Il precipitare della crisi sarà improvviso, e improvvisa sarà la reazione violenta. 
Non ci sarà apparato poliziesco in grado di contenerla.
Quello che è giusto, e ciò che è sbagliato, lo deciderà chi vince.



  



martedì 10 aprile 2012

documenti per comprendere il presente. 2

Piero Calamandrei e la classe dirigente
L'esorcismo antiberlusconiano ha trovato formula canonica nell'esecrazione del populismo, notte buia in cui tutte le vacche sono nere.
Sotto le speci della società civile si fa avanti la borghesia, soprattutto quella piccina, fingendo di non aver mai governato, e di tornare da un esilio all'estero.
Si moltiplicano manifesti e proclami in un clima incerto: siamo quasi all'8 settembre, ma c'è chi pensa di essere al 25 aprile; altri, invece, parodiano radiose giornate di un lontano '19.
Nell'estate del 1946 [I primi passi, "Il ponte" n. 7-8], così scriveva Calamandrei:
La grettezza, la cecità, l'egoismo, la irragionevole ed invidiosa pavidezza dei cosidetti ceti medi hanno avuto nelle recenti elezioni clamorosa conferma: la repubblica è stata assicurata dalla volontà e dalla saggezza del popolo più umile, che è riuscito a imporsi alla tremante insensibilità morale della classe colta e benestante. Basta, per persuadersene, fare un calcolo comparativo dei voti dati alla monarchia nelle varie sezioni elettorali di una stessa città: la differenza di percentuale tra le sezioni dei quartieri "borghesi" e quella dei rioni operai è istruttiva.
L'intuito popolare, dunque, sa farsi beffe, al momento opportuno, delle lusinghe populiste e anche tra i bassi di Napoli non pochi hanno risposto di no al paternalismo monarchico di Achille Lauro.
Ma, intanto, la gran massa della borghesia dov'era? Latitava, in preda ad uno dei tanti periodici ribrezzi per la sporcizia della politica (non siamo contro il parlamento, ma contro questo parlamento, non siamo contro la costituente, ma contro questa costituente, non siamo contro i partiti, ma contro questi partiti). Ribrezzo che è, esso stesso, una precisa scelta politica.
Non dimentichiamo - prosegue Calamandrei - che questo spavaldo e stolto disprezzo della politica ... significa in sostanza servile nostalgia della dittatura.
Il referendum istituzionale è quindi anche la definitiva rescissione del cordone ombelicale che ancora collega con la recente esperienza fascista.
Ma l'Italia che ha sentito questa esigenza - conclude Calamandrei - è stata (bisogna riconoscerlo) sopra tutto l'Italia del popolo lavoratore, non l'Italia della borghesia colta e benestante.
Nei momenti cruciali, la soluzione giusta è quella che tiene conto del conflitto di classe e sa indicare una linea di massa per la risoluzione delle contraddizioni.
Critica al Manifesto per un nuovo soggetto politico