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In quanto uomo, m'impegno ad affrontare il rischio dell'annientamento perché due o tre verità gettino sul mondo
la loro luce essenziale (Frantz Fanon)
martedì 25 dicembre 2012
spending review
venerdì 21 dicembre 2012
BUON NATALE
L'Alta Corte di Kerala ha concesso ai militari italiani accusati di omicidio due settimane di permesso per le feste di Natale.
Un gesto di sensibilità verso degli stranieri.
In Italia, invece, molti stranieri che non sono accusati di omicidio, passeranno le feste nei CIE, così:
Un gesto di sensibilità verso degli stranieri.
domenica 16 dicembre 2012
memorial pinelli
Mark Adin intervista Claudia Pinelli
dal blog di daniele barbieri
dal blog di daniele barbieri
Al citofono suonare Pinelli – di Mark Adin
15 dicembre 2012 di DB
Ci sono dolori che vanno tenuti stretti come madri, e ricordi che diventano nel tempo tatuaggi. Sono identità, giuramento, prima pietra, sguardo nel buio.
Mi stupisce sempre constatare quanto sia viva quella indissolubilità di fatti: la bomba e il volo di Pino. Immaginare, quasi percepire il rumore dello schianto del corpo, il suono, sordo e spaventoso, della violenza di Stato. Opprime dopo quarantatrè anni esattamente come quei giorni.
Per questo, arrivare davanti a un condominio di Milano, scendere dalla macchina nel vuoto di persone del dopocena metropolitano e cercare sulla pulsantiera del citofono quel nome, Pinelli, attiva un flashback che mi emoziona.
Evito l’ascensore, Claudia è sulla porta ad accogliermi.
Ci siamo scritti alla svelta, ci siamo sentiti telefonicamente una volta soltanto, mai incontrati prima. Quella di Claudia, una delle due figlie di Giuseppe Pinelli, è l’abitazione di una famiglia di impiegati quietamente milanese, così apparentemente simile ad altre. Così simile alla mia.
Rinuncio subito alla scaletta delle domande che mi ero preparato e cerco di seguire, per l’intervista, solo reciproche sensazioni.
<<Durante il fermo di mio padre, che si protrasse ben oltre i limiti di legge – e quindi in stato di palese illegalità che tengo a sottolineare – giunsero a casa nostra alcuni funzionari di polizia per una perquisizione domiciliare. Frugarono dovunque, aprendo persino i pacchi dei nostri regali, già confezionati in occasione di un Natale che sarebbe arrivato in una decina di giorni. Io e mia sorella Silvia avevamo nove e otto anni. Mia madre tentava di rassicurarci per l’assenza di Pino, che sapevamo essere in questura: “Massì, lo tengono lì per un po’e poi ce lo rimandano a casa… Gli faranno prendere un bello spaghetto, ma poi…” Ma poi non l’avremmo più rivisto>>
Claudia, durante tutto il tempo dell’intervista, chiamerà i suoi genitori Pino e Licia, e mai mamma e papà. A una mia precisa domanda, risponde con la fatica e l’intensità di chi cerca di dominare un proprio fatto emotivo, dice che usa fare così per “proteggersi” dalla sopraffazione affettiva.
<<Li chiamo in questo modo – accenna un sorriso tenerissimo – per… “tenerli a bada”…
Tre notti dopo, era la notte tra il 15 e il 16, Licia ci ha svegliato, a me e mia sorella, e affidato ad amici di famiglia coi quali saremmo poi state per qualche giorno. Non abbiamo neppure partecipato ai funerali. Licia ci ha sempre protetto, sempre.
Cambiammo casa, cambiammo scuola. Frequentavamo la Casa del Sole, un istituto scolastico milanese che garantiva il “tempo pieno”. Ricordo un fotografo che si era intrufolato per fotografarci, noi le figlie di Pino, per rubare una foto. Ma fu l’unico episodio spiacevole. La nostra, in fondo, fu una infanzia relativamente normale. Licia ha sempre fatto da scudo.>>
Siamo seduti entrambi sullo stesso divano: io ad un capo e lei all’altro. E’ rannicchiata nell’angolo, le braccia conserte e le gambe accavallate. Il compagno e la figlia, una ragazzina bella della sua incontenibile energia, appaiono e scompaiono discretamente, più volte, nella stanza.
Il tema dell’incontro con la famiglia del commissario Calabresi, voluto da Napolitano, è inevitabile.
<<Perché abbiamo accettato l’invito?>>
Compare Millo, gattone sontuoso e nero.
<<Perché si riparlasse di Pino. E’ stata una scelta di cui sono stata e resto convinta. Qualcuno parlò di riappacificazione – a sproposito – e altri di riabilitazione, ma non sono d’accordo. Pino non aveva bisogno di essere riabilitato per il semplice fatto che non ha mai commesso nulla di illegale, è stato subito scagionato da ogni accusa dagli stessi accusatori. Come si può parlare di riabilitazione? Da che cosa? Può un innocente essere riabilitato? Con quella cerimonia voluta dal Presidente, se mai, è stato sdoganata la sua figura di uomo innocente e “due volte vittima”, come lo stesso Napolitano ha ricordato con parole per noi importanti. Eravamo lì, io e Licia, per avere quel minimo di giustizia possibile, soprattutto per mia madre, per tutto quello che ha passato. E’ stato un vero e proprio atto di giustizia reso a Licia vivente, l’unico!, che certo non risarcisce, ma è stato sicuramente importante. Molti hanno parlato dell’incontro tra noi e i Calabresi come un atto di riappacificazione, ma anche questo è un errore: non c’è mai stata guerra, perché le famiglie non c’entrano, ma non c’è stata nemmeno vicinanza, per lo stesso motivo. Non esiste una sorta di comunanza nello status di vittime, non siamo assimilabili in nulla, non abbiamo costruito alcun rapporto reciproco. Il trattamento riservato a Pino non è certo lo stesso riservato a Calabresi, Pino non lo faranno santo. Diciamo che quel giorno al Quirinale ci è stata restituita, dopo anni, la sensazione di quello che potrebbe essere vivere in uno stato di diritto. >>
Il gatto Millo salta in braccio alla padrona, le si mette al collo e mi guarda. Noto qualche somiglianza tra i due: forse è un senso di naturale indipendenza, forse l’atteggiamento pronto alla difensiva, se mai occorresse.
<<Quel giorno è stato importante anche perché, per la prima volta dopo quarant’anni, abbiamo incontrato i famigliari e alcuni sopravvissuti della strage alla Banca dell’Agricoltura. E con loro abbiamo iniziato un percorso di testimonianza e di memoria. Si sa: chi ha vissuto quei tempi man mano non ci sarà più, e questo non deve lasciare un vuoto >>
Il compagno di Claudia ha un bel viso giovanile, impreziosito dai capelli bianchi, se ne sta in disparte e la osserva parlare, esprimendo con gli occhi affettuoso sostegno, senza mai intervenire.
<<Siamo sempre state orgogliose, io e Silvia, forti della forza di Licia. Dovemmo capire tutto, alcune volte solo intuendo. In una situazione del genere, con ciò che per noi comportò, perdi il padre e in un certo senso anche la madre, impegnata a far fronte a ogni tipo di pressione. Non so dire dove Licia abbia trovato la forza, ma ne ha avuta tanta, anche per noi.
La nostra conversazione non segue un percorso, lasciamo che la guidino le emozioni, a ruota libera.
Casa nostra era, da che mi ricordi, un porto di mare. Pino accoglieva, la casa era sempre aperta, faceva da mangiare lui per tutti. Pino era “ponte” tra i vecchi anarchici e i giovani delle nuove generazioni. Riusciva a tenere insieme due mondi perché li capiva entrambi. Il suo primo incontro con l’anarchismo lo ebbe, ancora bambino, quando per dare una mano in casa trovò un lavoro presso un anarchico che gli diede da leggere i primi libri. Poi fu come una malattia, quella dei libri, casa nostra era piena di libri. Prese a militare nel movimento anarchico: dibattiti, antimilitarismo, non-violenza, il Circolo del Ponte della Ghisolfa, la Croce Nera Anarchica, l’USI e l’anarcosindacalismo…, in una visione del mondo che lo portò in contatto con persone di ambienti e ideologie diverse soprattutto sui temi comuni della non violenza e dell’obiezione di coscienza. Giuseppe Gozzini, primo obiettore di coscienza cattolico in Italia, che per questo finì i galera, in una lettera ai giornali subito dopo la morte di Pino scrive “… lui, ateo, aiutava i cristiani a credere; lui, operaio, insegnava agli intellettuali a pensare, finalmente liberi da schemi asfittici…” Tanta passione politica di un uomo pacifico, alla luce del sole.
Dopo la tragedia, la violenza ulteriore delle calunnie su Pino, poi qualcosa pian piano cominciò a cambiare, qualcosa di inedito stava prendendo forma. Ricordo che, nel tragitto da casa nostra alla scuola, in pullman, guardando dai finestrini, iniziai a leggere scritte sui muri che dicevano: “Pinelli assassinato, la strage è di stato”. Era la coscienza civile, l’inchiesta, la solidarietà. Era tutto lì da vedere, da leggere sui muri parlanti di Milano. >>
Penso ai miei figli, penso a loro e a come potrebbero affrontare un simile dramma. Come si può spiegare a dei ragazzi un fatto del genere? Come glielo si dice? Claudia sorride:
<<Mia figlia, quella più grande, a sei anni, un giorno ha chiesto a Licia, senza troppi preamboli, in modo diretto come fanno i bambini, senza complessi, come fosse morto il nonno. Licia le disse: “Chiedilo alla mamma” e con lei ho fatto un percorso, anche doloroso, di ricostruzione e di restituzione di quel nonno che non ha potuto conoscere. La più piccola delle mie figlie, per sua stessa iniziativa, elaborò invece una soluzione personalissima, di fantasia: “Mio nonno era partigiano. E’ morto perché c’era la guerra”. Non aveva, in fondo, tutti i torti.>>
E’ difficile, porco demonio, è davvero difficile ascoltare Claudia senza emozionarsi. Ma io devo essere la grondaia e non la pioggia, essere solo il vettore, anche se non è semplice esercitare il distacco.
<<Mi chiedi del film di Giordana (“Romanzo di una strage”, Ndr), immaginavo che l’avresti fatto. L’ho visto e rivisto e man mano le mie perplessità sono aumentate, per come rappresenta gli anarchici, per come emerge la figura di Calabresi, per l’ipotesi finale della doppia bomba…. Avrebbe dovuto essere un film su piazza Fontana ma è risultato un film di difficile comprensione che non mi ha coinvolto emotivamente e per alcune ricostruzioni mi ha fatto arrabbiare…
Devo dire che Giordana si è comportato bene con noi, nei rapporti intercorsi è stato corretto.
Ma il film l’ho trovato troppo incentrato sulla figura di Calabresi, in una lettura che non riesco a condividere.
Oggi leggo che un attore, omonimo del figlio del commissario, Paolo Calabresi, starebbe per interpretare Pino in una fiction televisiva in preparazione. Un Calabresi che interpreta Pinelli…>>
Anch’io non so se questo sia uno sberleffo del destino, e guardo Claudia col suo gatto nero: si è fatto tardi e dobbiamo lasciarci.
Sulla via del ritorno penso che la Storia dovrebbe rifiutare da se stessa le menzogne, ma so che non è così. La verità è fatica, volontà, coraggio, ostinazione, abbiamo la responsabilità e il dovere di testimoniarla per un semplice fatto di necessità: siamo esseri umani, non possiamo certo essere da meno di quei muri parlanti di Milano.
Mark Adin
Note accessorie.
L’intervista, svoltasi il 10 dicembre 2012 a Milano, è disponibile a chiunque desideri pubblicarla su stampa o web, a condizione che ne conservi forma e interezza e indichi chiaramente il link di questa pagina e il nome dell’autore.
sabato 15 dicembre 2012
Si, ma prima ...
di Giuseppe Aragno
E vero, i tagli del governo tecnico producono infine i danni che ci fanno greci, ma questo è vietato raccontarlo. Non si deve sapere. Siamo al punto che a Napoli da giorni si gela, ma a scuola non c'è riscaldamento. Fai fatica a dirlo perché lo sai, non ci vuole molto ad avviare l'inaccettabile scaricabarile: «E i genitori non protestano? Magari gli insegnanti sono contenti»! E tu prova a dire che quelli gelano con gli alunni. «È il sindaco-Masaniello, sono i soliti napoletani!»
Il governo no. Il governo non c'entra.
Ciò che più colpisce è che la brutta faccenda passa sotto silenzio. La stampa, sempre pronta a lottare contro i bavagli, s'è zittita da sola, fa da "filtro" e il santino di Monti, costruito apposta per abbagliarci, continua a brillare. C'è un dire e non dire che fa paura. Si ammette e si sopporta, perché, divisi in due squadre per vent'anni, tutto ciò che ci resta è tornare a tifare. E si sa, al tifoso non importa nulla di come hai giocato. Conta che vinci. Il meccanismo è semplice e collaudato.
È vero, si dice, in tredici mesi la disoccupazione è cresciuta e ai giovani s'è negata la speranza. Prima, però... E si tace. Altro non serve e ci si capisce. Prima, quando c'era lui, all'estero ci prendevano in giro! Come se oggi ci portassero ad esempio.
È verissimo, in pensione si va ormai dopo morti e chi sopravvive alla Fornero farà i conti con la fame. È stata una manna dal cielo per gli assicuratori. Sì, però prima... E per quel prima che avremmo voluto, ora accettiamo il poi che ipoteca il futuro quanto e più del passato.
D'accordo, sì, con gli esodati l'errore è stato veramente tragico e sarebbe stupido negarlo, qualcuno s'è ammazzato... È vero, sì, lavoro non ce n'è e di tutto si sentiva il bisogno, tranne che d'un legge per licenziare... Certo che è vero, s'erano promesse due regole fisse, il rigore e l'equità, poi, strada facendo, il rigore è diventato macelleria sociale, l'equità è sparita, i ricchi hanno scialato e i poveri hanno pagato. Sì, però prima...
Non c'è dubbio, è così: la violenza delle forze dell'ordine ha toccato punte cilene e in piazza non c'è stato un giorno senza manganellate, lacrimogeni e onesti cittadini trattati come malfattori. Ed è vero, sì, in tredici mesi la scuola è stata rasa al suolo e nessuno ha trovato la cosa contraria ai principi della Costituzione. Le scuole dei preti hanno fatto fortuna e quelle statali sono ridotte in miseria. Per un mistero glorioso, Gelmini, travestita da professore universitario, s'è fatta una e trina e ha potuto governare la scuola passando per Profumo, Rossi-Doria e la dott.ssa Ugolini. II Paese, confuso, ha taciuto e non si è scosso nemmeno quando Napolitano, sorpreso a telefono con un inquisito, ha denunciato i giudici per lesa maestà.
Abbiamo ministri indagati per frode fiscale e sottosegretari rinviati a giudizio per truffa, ma ci siamo detti che però prima... In quanto ai giornali e alle televisioni, c'è mancato solo che il Papa rivendicasse il suo diritto a nominare i santi. Tutto il governo Monti, persino un sospetto ateo come Polillo, è stato levato alla gloria degli altari.
È vero, sì, per tredici mesi non s'è parlato di Berlusconi
e dei suoi processi, non s'è avuta notizia di escort, scandali e malgoverno. Era un pilastro del paradiso e bisognava tacere. Ci siamo raccontati di un male necessario per una colpa da espiare: con mille euro al mese, vivevamo sopra le righe e lo sapevamo. Napolitano, Bersani, Casini e Fini sono serviti: non s'è votato quando Berlusconi era davvero finito e si sarebbe potuto ripulire il Paese e questo è il risultato. Si è mentito e si continua a mentire: Berlusconi era d' un tratto diventato uno statista, tutto prudenza, saggezza e senso di responsabilità e i tecnici, che hanno saputo solo scodinzolare ai mercati, son diventati d'un tratto comunisti, pronti a far pagare la crisi a chi l'ha prodotta: un ceffone mai visto è pronto per gli evasori, si farà guerra a mafia e corruzione e via di corsa con la patrimoniale. I fatti, però, parlano chiaro: uniti e concordi, Berlusconi e Monti hanno consentito le spese più inutili e vergognose, ci hanno addossato i miliardi per lo sporco affare Tav, per gli F
35 e per le banche degli usurai.
Per tredici mesi è stato il trionfo del buongoverno. Ora che il Paese affonda e il dubbio si fa strada nelle menti ottenebrate, ora che un accenno di polo delle sinistre si va costituendo, ecco il colpo di teatro: c'è il diavolo che torna. E fa paura. Come un gregge impaurito dal lupo che minaccia, ci gettiamo imploranti davanti all'altare dei nuovi santi. Va bene tutto e ci facciano a pezzi governi di brava gente e di incorrotti professori. Sulla stampa torna il baccanale: Ruby è sparita ma ricompare, i fari si accendono sui tribunali, non c'è scandalo su cui non si torni. Avremo tre mesi di fuoco incrociato: da un lato l'inferno, che però sosteneva il paradiso, dall'altro l'incontaminata purezza tecnica affiancata da tutto il nuovo della politica: Casini, Bersani, Vendola e Napolitano. Accadrà di tutto e sembreremo persino liberi: voteremo. Poi ci risveglieremo. La prima immagine che vedremo sarà di una chiarezza olimpica: Monti, beato e santo, nella gloria degli angeli Fornero, Profumo, Catricalà e Polillo e un governo di larghe intese. Forse allora qualcuno si ricorderà che San Polillo, quando era solo beato di mestiere, faceva il consulente economico del gruppo parlamentare del Popolo della Libertà...
il manifesto 15 dicembre 2012
E vero, i tagli del governo tecnico producono infine i danni che ci fanno greci, ma questo è vietato raccontarlo. Non si deve sapere. Siamo al punto che a Napoli da giorni si gela, ma a scuola non c'è riscaldamento. Fai fatica a dirlo perché lo sai, non ci vuole molto ad avviare l'inaccettabile scaricabarile: «E i genitori non protestano? Magari gli insegnanti sono contenti»! E tu prova a dire che quelli gelano con gli alunni. «È il sindaco-Masaniello, sono i soliti napoletani!»
Il governo no. Il governo non c'entra.
Ciò che più colpisce è che la brutta faccenda passa sotto silenzio. La stampa, sempre pronta a lottare contro i bavagli, s'è zittita da sola, fa da "filtro" e il santino di Monti, costruito apposta per abbagliarci, continua a brillare. C'è un dire e non dire che fa paura. Si ammette e si sopporta, perché, divisi in due squadre per vent'anni, tutto ciò che ci resta è tornare a tifare. E si sa, al tifoso non importa nulla di come hai giocato. Conta che vinci. Il meccanismo è semplice e collaudato.
È vero, si dice, in tredici mesi la disoccupazione è cresciuta e ai giovani s'è negata la speranza. Prima, però... E si tace. Altro non serve e ci si capisce. Prima, quando c'era lui, all'estero ci prendevano in giro! Come se oggi ci portassero ad esempio.
È verissimo, in pensione si va ormai dopo morti e chi sopravvive alla Fornero farà i conti con la fame. È stata una manna dal cielo per gli assicuratori. Sì, però prima... E per quel prima che avremmo voluto, ora accettiamo il poi che ipoteca il futuro quanto e più del passato.
D'accordo, sì, con gli esodati l'errore è stato veramente tragico e sarebbe stupido negarlo, qualcuno s'è ammazzato... È vero, sì, lavoro non ce n'è e di tutto si sentiva il bisogno, tranne che d'un legge per licenziare... Certo che è vero, s'erano promesse due regole fisse, il rigore e l'equità, poi, strada facendo, il rigore è diventato macelleria sociale, l'equità è sparita, i ricchi hanno scialato e i poveri hanno pagato. Sì, però prima...
Non c'è dubbio, è così: la violenza delle forze dell'ordine ha toccato punte cilene e in piazza non c'è stato un giorno senza manganellate, lacrimogeni e onesti cittadini trattati come malfattori. Ed è vero, sì, in tredici mesi la scuola è stata rasa al suolo e nessuno ha trovato la cosa contraria ai principi della Costituzione. Le scuole dei preti hanno fatto fortuna e quelle statali sono ridotte in miseria. Per un mistero glorioso, Gelmini, travestita da professore universitario, s'è fatta una e trina e ha potuto governare la scuola passando per Profumo, Rossi-Doria e la dott.ssa Ugolini. II Paese, confuso, ha taciuto e non si è scosso nemmeno quando Napolitano, sorpreso a telefono con un inquisito, ha denunciato i giudici per lesa maestà.
Abbiamo ministri indagati per frode fiscale e sottosegretari rinviati a giudizio per truffa, ma ci siamo detti che però prima... In quanto ai giornali e alle televisioni, c'è mancato solo che il Papa rivendicasse il suo diritto a nominare i santi. Tutto il governo Monti, persino un sospetto ateo come Polillo, è stato levato alla gloria degli altari.
È vero, sì, per tredici mesi non s'è parlato di Berlusconi
e dei suoi processi, non s'è avuta notizia di escort, scandali e malgoverno. Era un pilastro del paradiso e bisognava tacere. Ci siamo raccontati di un male necessario per una colpa da espiare: con mille euro al mese, vivevamo sopra le righe e lo sapevamo. Napolitano, Bersani, Casini e Fini sono serviti: non s'è votato quando Berlusconi era davvero finito e si sarebbe potuto ripulire il Paese e questo è il risultato. Si è mentito e si continua a mentire: Berlusconi era d' un tratto diventato uno statista, tutto prudenza, saggezza e senso di responsabilità e i tecnici, che hanno saputo solo scodinzolare ai mercati, son diventati d'un tratto comunisti, pronti a far pagare la crisi a chi l'ha prodotta: un ceffone mai visto è pronto per gli evasori, si farà guerra a mafia e corruzione e via di corsa con la patrimoniale. I fatti, però, parlano chiaro: uniti e concordi, Berlusconi e Monti hanno consentito le spese più inutili e vergognose, ci hanno addossato i miliardi per lo sporco affare Tav, per gli F
Per tredici mesi è stato il trionfo del buongoverno. Ora che il Paese affonda e il dubbio si fa strada nelle menti ottenebrate, ora che un accenno di polo delle sinistre si va costituendo, ecco il colpo di teatro: c'è il diavolo che torna. E fa paura. Come un gregge impaurito dal lupo che minaccia, ci gettiamo imploranti davanti all'altare dei nuovi santi. Va bene tutto e ci facciano a pezzi governi di brava gente e di incorrotti professori. Sulla stampa torna il baccanale: Ruby è sparita ma ricompare, i fari si accendono sui tribunali, non c'è scandalo su cui non si torni. Avremo tre mesi di fuoco incrociato: da un lato l'inferno, che però sosteneva il paradiso, dall'altro l'incontaminata purezza tecnica affiancata da tutto il nuovo della politica: Casini, Bersani, Vendola e Napolitano. Accadrà di tutto e sembreremo persino liberi: voteremo. Poi ci risveglieremo. La prima immagine che vedremo sarà di una chiarezza olimpica: Monti, beato e santo, nella gloria degli angeli Fornero, Profumo, Catricalà e Polillo e un governo di larghe intese. Forse allora qualcuno si ricorderà che San Polillo, quando era solo beato di mestiere, faceva il consulente economico del gruppo parlamentare del Popolo della Libertà...
il manifesto 15 dicembre 2012
venerdì 14 dicembre 2012
lunedì 10 dicembre 2012
venerdì 7 dicembre 2012
Thomas Sankara
non possiamo essere la classe dirigente ricca di un paese povero
così la pensava Thomas Sankara , il presidente del Burkina Faso assassinato nel 1987.
la sua era, evidentemente, una posizione che non poteva piacere al Fondo Monetario Internazionale o alla Banca Mondiale, che preferiscono leader africani disponibili a diventar miliardari, ma decisi a far tirare la cinghia al proprio popolo.
invece Sankara coltivava la folle idea di assicurare alla sua gente dieci litri di acqua e due pasti al giorno. insomma, era deciso a farli vivere, come si dice oggi, al di sopra delle loro possibilità.
la cosa era poco sopportabile, anche perché Sankara aveva idee precise sul meccanismo del debito, e non ne faceva mistero: le origini del debito risalgono alle origini del colonialismo. quelli che ci hanno prestato denaro sono gli stessi che ci hanno colonizzato. sono gli stessi che gestivano i nostri stati e le nostre economie. sono i colonizzatori che indebitavano l’Africa con i finanziatori internazionali.
ma su questo, i banchieri, avrebbero potuto anche far spallucce, più difficile da digerire era, invece, la sua posizione riguardo al pagamento del debito: il debito non può essere rimborsato perché, prima di tutto se noi non paghiamo, i nostri finanziatori non moriranno, siamone sicuri. invece se noi paghiamo, noi moriremo, siamone ugualmente sicuri.
il ragionamento era sacrosanto, ma le banche non possono rinunciare ai loro profitti per lasciar campare un po' di negri.
insomma, quando finalmente il presidente fu assassinato, il fior fiore dell'educata borghesia occidentale tirò un sospiro di sollievo.
ma chi decise di uccidere Sankara? recentemente è stato lanciato un appello internazionale che chiede che sia fatta giustizia.
tempo fa un periodico russo pubblicò un'intervista (di cui esiste una traduzione italiana) a un banchiere svizzero in cui si raccontava di un omicidio - identificabile con quello di Sankara - commissionato dal raffinato club Bilderberg.
è, codesto Bilderberg, una specie di mafia, ma invano cercheresti, nella lista dei suoi capi, il nome di Totò Riina. quello di Mario Monti, invece, ce lo trovate.
e ciò ci lascia allibiti. non certo per gli omicidi, siamo uomini di mondo, ma per il fatto che il killer fu pagato in contanti. questo, da Monti, non ce l'aspettavamo.
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