In quanto uomo, m'impegno ad affrontare il rischio dell'annientamento perché due o tre verità gettino sul mondo
la loro luce essenziale (Frantz Fanon)

giovedì 12 dicembre 2013

boja chi molla

A Reggio, nel 1970, ci furono i moti per il capoluogo. La protesta, che ebbe una dimensione realmente popolare, fu liquidata come fascista. In effetti la destra aveva posto una forte ipoteca sul movimento, esprimendone il leader indiscusso, Ciccio Franco.
Ma ai tumulti di Reggio, cercando di influenzarli e dirigerli in senso antifascista, parteciparono anche Lotta Continua, il MS che faceva riferimento alla Statale di Milano, i marxisti leninisti di Servire il Popolo e gli anarchici.
Uno di questi, Angelo Casile, scriveva:
« Padroni bastardi, del capoluogo non sappiamo che farcene! Il capoluogo va bene per i burocrati, gli speculatori, i parassiti, i padroni e i politicanti più grossi; va bene per le manovre dei caporioni locali, per il sindaco Battaglia e per i caporioni falliti. Va bene per il tentativo di questi “uomini importanti” di accrescere il loro potere locale, la loro area di sfruttamento, facendoci sfogare anni di malcontento con la falsa lotta per il capoluogo, dopo che hanno mandato i nostri figli e i nostri fratelli a lavorare all’estero e continuano a sfruttarci nella stessa Reggio. I cosiddetti “datori di lavoro”, che in realtà sono luridi padroni, sono i nostri nemici, quegli stessi che ci mandano allo sbaraglio per il capoluogo, per la Madonna o per la squadra di calcio. Il capoluogo non ci serve! Lottiamo per farla finita con l’emigrazione, con la disoccupazione, con la fame!»

Poco tempo più tardi, Casile, partì con altri 4 compagni alla volta di Roma, per recapitare alla redazione di Umanità Nova, un dossier sui fatti. L'automobile su cui viaggiavano gli anarchici fu coinvolta in un incidente dalla dinamica poco chiara e tutti e cinque rimasero uccisi. Nella controinchiesta istruita dagli anarchici risultò che il camionista coinvolto nell'incidente era un dipendente di Junio Valerio Borghese, ipotesi da altri contestata. Resta da dire che il dossier non fu mai ritrovato e che pare che sul luogo dell'incidente gli agenti della squadra politica abbiano preceduto la polizia stradale.
Secondo il Ministero dell'Interno, durante la rivolta, dal 14 luglio al 23 settembre erano stati compiuti 13 attentati dinamitardi,  33 blocchi stradali, 14 blocchi ferroviari, 3 blocchi portuali e aeroportuali, 6 assalti alla prefettura e 4 alla questura. Una rivolta coi fiocchi.
Dopo 10 mesi, la rivolta fu domata con l'intervento congiunto di carri armati e mediazione politica.
Secondo il giornalista Domenico Calabrò i moti di Reggio furono il primo caso di disinformazione organizzata in Italia, che fece la ribellione di un'intera città per la protesta di un gruppo di teppisti fascisti.
Sta di fatto che la grande manifestazione sindacale del 22 ottobre 1972, organizzata da Bruno Trentin e Claudio Truffi, che sembrò segnare una svolta decisiva, non fu una manifestazione contro i moti di reggio, ma partiva invece dalla considerazione che la rivolta fosse motivata da un reale bisogno di riscatto e sviluppo, a cui occorreva dare la solidarietà dei lavoratori del nord.


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