In quanto uomo, m'impegno ad affrontare il rischio dell'annientamento perché due o tre verità gettino sul mondo
la loro luce essenziale (Frantz Fanon)
mercoledì 18 novembre 2015
LA REPUBBLICA DI MAHABAD
La Repubblica di Mahabad fu fondata dal Partito democratico curdo in una piccola regione del Kurdistan iraniano il 22 gennaio 1946. Appoggiata dall'URSS non fu riconosciuta da nessuno stato occidentale, anche se si limitava a chiedere il riconoscimento dell'autonomia nell'ambito dello stato, con l'uso della propria lingua nell'amministrazione e nelle scuole, senza una vera e propria separazione.
A capo del governo fu posto il liberale Qazi Muhammad, la difesa dell piccola repubblica fu affidata a un curdo iracheno, Mustafa Barzani.
Intanto, in conformità con gli accordi internazionali, l'esercito inglese evacuava l'Iran, come pure l'Armata Rossa si ritirava dalle zone di sua competenza.
Incoragiato dalla Gran Bretagna, l'esercito iraniano mosse con ingenti forze contro la repubblica ormai indifesa.
Qazi Muhammad e i suoi ministri furono impiccati nell'indifferenza dell'Occidente.
Barzani e un pugno dei suoi uomini, dopo una strenua difesa, riuscirono a riparare in URSS. Nel 1958 rientrò in Iran e riprese a combattere con la guerriglia curda.
martedì 17 novembre 2015
LAICISMO ARABO E LUNGIMIRANZA OCCIDENTALE 2
Nasser e gli amici dei Fratelli Musulmani
Gamāl ʿAbd al-Nāṣer fu nominato primo ministro nell'aprile 1954.
Il 19 ottobre di quell'anno fu siglato un accordo con il Regno Unito per lo sgombero entro 20 mesi delle forze militari britanniche presenti in Egitto. Contro tale accordo fu orchestrata l'opposizione dell'organizzazione islamica dei Fratelli Musulmani.
Gamāl ʿAbd al-Nāṣer fu fatto oggetto il 26 ottobre di un attentato attribuito ai Fratelli Musulmani. Due giorni dopo l'organizzazione fu sciolta d'autorità; il 30 ottobre i maggiori dirigenti della Fratellanza furono arrestati.
Dopo l'adozione di una Costituzione repubblicana di ispirazione socialista con partito unico il 16 gennaio 1956, Gamāl ʿAbd al-Nāṣer, eletto il 23 giugno Presidente della Repubblica, nazionalizzò il 26 luglio 1956 la Compagnia del Canale di Suez (di proprietà franco-britannica). Questo dette modo al Presidente egiziano di recuperare appieno l'indipendenza del paese ma fornì anche la giustificazione per Francia e Regno Unito per organizzare un'operazione militare congiunta. Israele ne approfittò per aggredire a sua volta l'Egitto, conquistando l'intero Sinai, da Rafah ad al-'Arīsh. il 31 ottobre truppe anglo-francesi bombardarono Il Cairo, e il 5 novembre occuparono Port Saʿīd.
La guerra del 1956 fu interrotta dall'intervento congiunto sovietico-statunitense. Pare che gli USA furono indotti alla mediazione dalla minaccia di un intervento nucleare sovietico su Londra e Parigi. Ma nulla fu fatto per impedire il gioco sporco di Israele, il cui esercito aveva proseguito nell'avanzata dopo l'ordine dell'ONU di cessare il fuoco.
Nei mutati equilibri geopolitici, nel gennaio del 1958 la Siria fu indotta, per rafforzare la sua sicurezza, ad avviare immediatamente un processo di fusione con l'Egitto, dando così origine alla Repubblica Araba Unita (RAU), alla quale presto si aggiunse quella parte dello Yemen che, ad opera del colonnello Sallāl, s'era ribellato all'Imam Yaḥyā e al suo successore Muhammad al-Badr per costituire una repubblica nella zona di territorio sotto il proprio controllo.
Il progetto di una forte repubblica araba laica e progressista non poteva piacere all'Occidente ed era una minaccia per Israele.
Al panarabismo laico di al-Nāṣer si cercò di contrapporre quello conservatore e d'ispirazione religiosa del principe Fayṣal, primo ministro di un Arabia Saudita sull'orlo della bancarotta.
Un colpo di stato filo saudita in Siria faceva tramontare il progetto di Repubblica Araba Unita.
Nel 1967 la disastrosa guerra dei sei giorni avrebbe ulteriormente indebolito il prestigio di al-Nāṣer, che sul piano interno doveva anche fronteggiare le difficoltà derivate dal rifiuto di aderire all'antisovietico Patto di Baghdad, insieme a Iraq, Turchia, Iran, USA e Gran Bretagna, in seguito al quale gli veniva negato l'accesso ai finanziamenti del FMI.
Solo con l'aiuto sovietico poteva essere attuato il progetto della diga di Assuan, strategico per l'economia del paese.
Malgrado tutto ciò, e sebbene avesse perduto molto appeal nei confronti delle masse arabe, al-Nāṣer mantenne un fortissimo consenso popolare in Egitto fino a quando, nel 1970, un provvidenziale attacco cardiaco lo levò di scena.
Gamāl ʿAbd al-Nāṣer fu nominato primo ministro nell'aprile 1954.
Il 19 ottobre di quell'anno fu siglato un accordo con il Regno Unito per lo sgombero entro 20 mesi delle forze militari britanniche presenti in Egitto. Contro tale accordo fu orchestrata l'opposizione dell'organizzazione islamica dei Fratelli Musulmani.
Gamāl ʿAbd al-Nāṣer fu fatto oggetto il 26 ottobre di un attentato attribuito ai Fratelli Musulmani. Due giorni dopo l'organizzazione fu sciolta d'autorità; il 30 ottobre i maggiori dirigenti della Fratellanza furono arrestati.
Dopo l'adozione di una Costituzione repubblicana di ispirazione socialista con partito unico il 16 gennaio 1956, Gamāl ʿAbd al-Nāṣer, eletto il 23 giugno Presidente della Repubblica, nazionalizzò il 26 luglio 1956 la Compagnia del Canale di Suez (di proprietà franco-britannica). Questo dette modo al Presidente egiziano di recuperare appieno l'indipendenza del paese ma fornì anche la giustificazione per Francia e Regno Unito per organizzare un'operazione militare congiunta. Israele ne approfittò per aggredire a sua volta l'Egitto, conquistando l'intero Sinai, da Rafah ad al-'Arīsh. il 31 ottobre truppe anglo-francesi bombardarono Il Cairo, e il 5 novembre occuparono Port Saʿīd.
La guerra del 1956 fu interrotta dall'intervento congiunto sovietico-statunitense. Pare che gli USA furono indotti alla mediazione dalla minaccia di un intervento nucleare sovietico su Londra e Parigi. Ma nulla fu fatto per impedire il gioco sporco di Israele, il cui esercito aveva proseguito nell'avanzata dopo l'ordine dell'ONU di cessare il fuoco.
Nei mutati equilibri geopolitici, nel gennaio del 1958 la Siria fu indotta, per rafforzare la sua sicurezza, ad avviare immediatamente un processo di fusione con l'Egitto, dando così origine alla Repubblica Araba Unita (RAU), alla quale presto si aggiunse quella parte dello Yemen che, ad opera del colonnello Sallāl, s'era ribellato all'Imam Yaḥyā e al suo successore Muhammad al-Badr per costituire una repubblica nella zona di territorio sotto il proprio controllo.
Il progetto di una forte repubblica araba laica e progressista non poteva piacere all'Occidente ed era una minaccia per Israele.
Al panarabismo laico di al-Nāṣer si cercò di contrapporre quello conservatore e d'ispirazione religiosa del principe Fayṣal, primo ministro di un Arabia Saudita sull'orlo della bancarotta.
Un colpo di stato filo saudita in Siria faceva tramontare il progetto di Repubblica Araba Unita.
Nel 1967 la disastrosa guerra dei sei giorni avrebbe ulteriormente indebolito il prestigio di al-Nāṣer, che sul piano interno doveva anche fronteggiare le difficoltà derivate dal rifiuto di aderire all'antisovietico Patto di Baghdad, insieme a Iraq, Turchia, Iran, USA e Gran Bretagna, in seguito al quale gli veniva negato l'accesso ai finanziamenti del FMI.
Solo con l'aiuto sovietico poteva essere attuato il progetto della diga di Assuan, strategico per l'economia del paese.
Malgrado tutto ciò, e sebbene avesse perduto molto appeal nei confronti delle masse arabe, al-Nāṣer mantenne un fortissimo consenso popolare in Egitto fino a quando, nel 1970, un provvidenziale attacco cardiaco lo levò di scena.
LAICISMO ARABO E LUNGIMIRANZA OCCIDENTALE 1
L'Iran di Mossadeq
Nel 1951 Mohammad Mossadeq giunse al potere col progetto di stabilire una concreta democrazia e d'instaurare una monarchia costituzionale. Mossadeq fu eletto Primo Ministro all'unanimità per la sua nota avversione al rinnovo della concessione petrolifera dell'Anglo-Iranian Oil Company del 1933.
Mossadeq procedette subito a nazionalizzare l'industria iraniana degli idrocarburi, che era allora sotto il pieno controllo del Regno Unito. La reazione inglese fu molto dura e ne scaturì la crisi di Abadan, un accanito confronto, durato tre anni, nel corso del quale le potenze europee boicottarono il petrolio della Persia. Quest'ultima, fin dall'inizio commise la grave leggerezza di ritenere che gli Stati Uniti, che non avevano interessi nella Anglo-Iranian Oil Company, avrebbero sostenuto il suo piano di nazionalizzazione. La posizione degli Stati Uniti d'America nella crisi di Abadan registrò invece un'involuzione, passando lentamente da un chiaro sostegno a Mossaddeq, accompagnato da un invito a trovare una soluzione di compromesso con il Regno Unito, a un progressivo allineamento con le posizioni di Londra.
Nonostante l'aperta contrarietà di Mosaddeq per il socialismo, Winston Churchill – assolutamente determinato a difendere gli interessi britannici nel Vicino Oriente – denunciò agli USA che Mosaddeq non era in grado di gestire un Paese in preda al caos e che stava "progressivamente propendendo verso il comunismo". In piena guerra di Corea Washington temeva che Mossadeq stesse involontariamente aprendo la porta ad una penetrazione dell'Unione Sovietica. In quel periodo di Guerra fredda caratterizzato da forti paure, non sempre sensate, l'America finì per accettare i piani britannici per far cadere Mossadeq. Londra chiese aiuto a Washington perché nell'ottobre 1952 Mossadeq aveva chiuso l'Ambasciata britannica. D'altro canto, Mossadeq si era indebolito sul piano interno, perché aveva perso anche il sostegno del "clero" sciita, allora guidato dall'ayatollah Kashani, che non gradiva le sue riforme sociali.
Sotto la direzione di Kermit Roosevelt, Jr., un esperto dirigente della Central Intelligence Agency (CIA) e nipote del presidente statunitense Theodore Roosevelt, la CIA e il britannico Secret Intelligence Service (SIS) organizzarono un'operazione coperta, l'Operazione Ajax, per deporre Mosaddeq con l'aiuto delle forze armate leali allo Scià e sostituirlo con il generale Fażlollah Zahedi. Sebbene il piano fosse ben coordinato e pianificato, il colpo di Stato fallì, inducendo lo Scià a cercare rifugio a Baghdad e poi a Roma.
La resistenza dei nazionalisti e il sostegno di cui godevano nel paese era stato sottovalutato dagli organizzatori del colpo di Stato. Entro breve tempo, comunque, i lealisti sostenuti dagli anglo-americani la spuntarono. Ad una grande manifestazione pro-Mossadeq alla notizia dello sventato colpo di Stato, seguì l'indomani una grande manifestazione contro Mossadeq e in favore dello Scià sostenuta anche dal clero sciita militante guidato dall'ayatollah Kashani. Partita dal Bazar di Teheran la manifestazione fu rinforzata da reparti militari e carri armati che diedero l'assalto alla residenza di Mossadeq. Il sovrano poté quindi fare ritorno a Teheran, Zahedi fu nominato Primo ministro e Mossadeq, dopo un processo farsa, fu condannato a morte. Lo Scià commutò in seguito la condanna in esilio e arresti domiciliari perpetui.
Nel 1951 Mohammad Mossadeq giunse al potere col progetto di stabilire una concreta democrazia e d'instaurare una monarchia costituzionale. Mossadeq fu eletto Primo Ministro all'unanimità per la sua nota avversione al rinnovo della concessione petrolifera dell'Anglo-Iranian Oil Company del 1933.
Mossadeq procedette subito a nazionalizzare l'industria iraniana degli idrocarburi, che era allora sotto il pieno controllo del Regno Unito. La reazione inglese fu molto dura e ne scaturì la crisi di Abadan, un accanito confronto, durato tre anni, nel corso del quale le potenze europee boicottarono il petrolio della Persia. Quest'ultima, fin dall'inizio commise la grave leggerezza di ritenere che gli Stati Uniti, che non avevano interessi nella Anglo-Iranian Oil Company, avrebbero sostenuto il suo piano di nazionalizzazione. La posizione degli Stati Uniti d'America nella crisi di Abadan registrò invece un'involuzione, passando lentamente da un chiaro sostegno a Mossaddeq, accompagnato da un invito a trovare una soluzione di compromesso con il Regno Unito, a un progressivo allineamento con le posizioni di Londra.
Nonostante l'aperta contrarietà di Mosaddeq per il socialismo, Winston Churchill – assolutamente determinato a difendere gli interessi britannici nel Vicino Oriente – denunciò agli USA che Mosaddeq non era in grado di gestire un Paese in preda al caos e che stava "progressivamente propendendo verso il comunismo". In piena guerra di Corea Washington temeva che Mossadeq stesse involontariamente aprendo la porta ad una penetrazione dell'Unione Sovietica. In quel periodo di Guerra fredda caratterizzato da forti paure, non sempre sensate, l'America finì per accettare i piani britannici per far cadere Mossadeq. Londra chiese aiuto a Washington perché nell'ottobre 1952 Mossadeq aveva chiuso l'Ambasciata britannica. D'altro canto, Mossadeq si era indebolito sul piano interno, perché aveva perso anche il sostegno del "clero" sciita, allora guidato dall'ayatollah Kashani, che non gradiva le sue riforme sociali.
Sotto la direzione di Kermit Roosevelt, Jr., un esperto dirigente della Central Intelligence Agency (CIA) e nipote del presidente statunitense Theodore Roosevelt, la CIA e il britannico Secret Intelligence Service (SIS) organizzarono un'operazione coperta, l'Operazione Ajax, per deporre Mosaddeq con l'aiuto delle forze armate leali allo Scià e sostituirlo con il generale Fażlollah Zahedi. Sebbene il piano fosse ben coordinato e pianificato, il colpo di Stato fallì, inducendo lo Scià a cercare rifugio a Baghdad e poi a Roma.
La resistenza dei nazionalisti e il sostegno di cui godevano nel paese era stato sottovalutato dagli organizzatori del colpo di Stato. Entro breve tempo, comunque, i lealisti sostenuti dagli anglo-americani la spuntarono. Ad una grande manifestazione pro-Mossadeq alla notizia dello sventato colpo di Stato, seguì l'indomani una grande manifestazione contro Mossadeq e in favore dello Scià sostenuta anche dal clero sciita militante guidato dall'ayatollah Kashani. Partita dal Bazar di Teheran la manifestazione fu rinforzata da reparti militari e carri armati che diedero l'assalto alla residenza di Mossadeq. Il sovrano poté quindi fare ritorno a Teheran, Zahedi fu nominato Primo ministro e Mossadeq, dopo un processo farsa, fu condannato a morte. Lo Scià commutò in seguito la condanna in esilio e arresti domiciliari perpetui.
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