venerdì 2 settembre 2022
FAKE NEWS
lunedì 29 agosto 2022
L'ARROGANZA DEL SUPPOSTO SAPERE
mercoledì 24 agosto 2022
Qualche appunto sulla filosofia di Aleksandr Gelʹevič Dugin
Non sono uno studioso della
filosofia di Dugin e non mi sono preso la briga di leggere per intero il suo «Философиа
войны» (Moskwa, Яуэа, 2004). La parte introduttiva dell’opera basta (e avanza)
per farsi un’idea della impostazione del suo pensiero.
1. Труд и Капитал. Quella che di
norma viene chiamata lotta di classe, in
Dugin assume l’aspetto di una lotta teogonica tra Lavoro e Capitale, scritti
così, con la maiuscola, come se fossero forze naturali personificate alla
maniera di Esiodo. Che Dugin ragioni per coppie di opposti che sembrano
possedere una propria soggettività, verrà confermato più avanti, quando il
filosofo scenderà sul campo della geopolitica.
Pur mitologizzata, la lotta tra capitale
e lavoro è ricondotta, metodologicamente, e più o meno correttamente, alle
corrispondenti categorie marxiane. L’apparente ortodossia è finalizzata alla
conclusione che, per l’insufficiente sviluppo delle forze produttive – così come
predetto da Marx – la Rivoluzione in Russia non sarebbe mai potuta accadere.
Se dunque la rivoluzione c’è
stata, deve essere stata determinata da fattori diversi dal meccanicismo della
lotta di classe, e più precisamente sotto la spinta di una serie di elementi volontaristici e spirituali (messianesimo nazionale – diffuso tra gli Ebrei russi e
dell’Europa orientale, tendenze al settarismo millenaristico – comuni al popolo
e a settori intellettuali, stile cospirativo – incarnato nel leninismo e poi
nello stalinismo).
Messe a nudo le radici medievali
della Rivoluzione d’Ottobre, diventa facile l’analogia con l’analogo (ma meno
radicale ) cocktail di ingredienti alla base «della vittoria di un'altra forza
anticapitalista, che è riuscita a realizzare in pratica una rivoluzione quasi
socialista , ovvero il Fascismo italiano e il nazionalsocialismo tedesco».
Qui si comprende in tutta la sua
portata l’occasione perduta: «il rifiuto dello stesso sistema sovietico di
trarre le conclusioni ideologiche più importanti – con la necessaria correzione
delle visioni culturali e filosofiche di Marx – dal proprio successo, che
avrebbe potuto, a sua volta, facilitare un dialogo produttivo con il fascismo,
soprattutto nella sue versioni di sinistra».
Per Dugin resta questione di poco
conto il fatto che questo benedetto capitale (c minuscola) rimanga, o no, nelle
tasche di chi lo detiene, l’importante è averne parlato male. Infatti, accanto
a fascismo e nazismo, come partner sventatamente perduto del fronte unito del
Lavoro (L maiuscola) aggiunge la socialdemocrazia in tutte le sue varianti.
Per noi Italiani, tutto ciò non
dovrebbe costituire una novità. Teorie politiche analoghe (compresa qualche
mistica nebulosità) furono sostenute sia da Bombacci che dalla sinistra
corporativa, per tutto il ventennio e particolarmente durante la RSI. Nel
dopoguerra, Stanis Ruinas, dalle colonne del suo periodico «Il Pensiero
Nazionale», si adoperò per traghettare a sinistra gli elementi più coerenti di
questa tendenza di pensiero, e così il PCI, accanto a tanti deputati
provenienti dalle fila partigiane, ne ebbe uno che aveva combattuto nella X
MAS.
Ma il meccanismo del processo era
esattamente l’opposto di quello teorizzato da Dugin: depurare il nucleo di
pensiero sociale concreto dalla sovrastruttura spiritualistica di vent’anni di
educazione fascista (separare il fascismo
aggettivo dal fascismo sostantivo, avrebbe
detto Vittorini).
2. Море и Суше. Sul piano
geopolitico, Mare e Terra sono assunti esplicitamente come coppia teleologica, soggetti, dunque, di un finalismo (forse già
insito nella Creazione che provvede tempestivamente a separarne le masse).
«Sono sinonimi di un'altra
coppia: Ovest - Est, dove si considerano Ovest e Est non solo come concetti
geografici, ma come blocchi di civiltà».
Il mare incarna il concetto di
perenne movimento, agitazione (ажитацию), mentre la terra incarna il principio
di costanza, fissità, conservatorismo (консерватизма). Qui la contemporanea
filosofia di Dugin flirta con un linguaggio (e forse con una Weltanschauung) presocratica.
Questa riedizione della querelle tra essere e divenire sottende
ulteriori coppie oppositive:
Terra
(est) – gerarchia / Mare (ovest) – caos
Terra
(est) – ordine / Mare (ovest) – dissoluzione
Terra
(est) – maschile / Mare (ovest) – femminile
Terra
(Est) – tradizione / Mare (ovest) – modernità
...
Evidentemente, nella sua
rivisitazione, Dugin ignora Eraclito, perché queste opposizioni devono rimanere
inconciliabili e non possono diventare poli dialettici. Che nella
polarizzazione sia implicito un giudizio valoriale, è detto esplicitamente: «solo
una civiltà terrestre fornisce una base sacra, giuridica, etica che può fissare
sistemi di valori».
La penultima incarnazione storica
di questa eterna disputa ha visto schierati gli USA, e la NATO, contro l’URSS e
il Patto di Varsavia, e quest’ultimo blocco, in barba alle tante pagine
sprecate sul materialismo dialettico, era posto a difesa dell’immobilismo, del
vecchio, del regressivo e dell’ordine, tanto simbolico quanto costituito.
Tale confronto bipolare era però
viziato in partenza dalla precedente avventura delle Potenze dell’Asse, la cui
sconfitta aveva dato titolo alle potenze del Mare di spezzare l’unità
eurasiatica.
Due rimedi, afferma Dugin sulla
scorta di Jean Thiriart (fondatore del movimento eurofascista Jeune Europe), ci sarebbero stati: la
conquista dell’intera Europa da parte del blocco socialista o, in alternativa,
la dissoluzione della NATO, con una conseguente neutralità dell’Europa Occidentale,
che avrebbe permesso all’URSS di far ordine in Asia Centrale. Ma, come
sappiamo, le cose non sono andate così.
Il parallelismo (non casuale) tra
spiegazione storico-economica e geopolitica della parabola sovietica,
suggerisce una nuova serie di termini oppositivi, in cui fa capolino la nozione
filosoficamente inquietante di destino:
Il
destino del Lavoro = il destino della Terra, l'Oriente.
Il
destino del Capitale = il destino del Mare, l'Occidente
Le uguaglianze sono corroborate
da un affascinante apparato analogico: « Il lavoro è fisso, il capitale è
liquido. Il Lavoro è creazione di valori, ascesa (=восхождение,
etimologicamente «вос-ток» = verso est); il Capitale è sfruttamento,
alienazione, caduta (autunno delle cose
= грехопадение вещей, etimologicamente «за-пад» = verso ovest ).
L’integrazione delle coppie
Lavoro-Capitale e Terra-Mare, permette (forzosamente) una critica anche sul
piano economico-politico dell’occidente, critica precedentemente condotta
esclusivamente sulla scorta di categorie morali e spirituali: «La civiltà
marittima è la civiltà del liberalismo. La civiltà della terra è la civiltà del
socialismo. Eurasia, Terra, Oriente, Lavoro, socialismo sono una serie di
sinonimi. Atlantismo, Mare, Occidente, Capitale, liberalismo, mercato sono anch’essi
sinonimi». Ma, come si vede, questa è una serie di assiomi, indimostrabili per
il semplice fatto che mancano i soggetti per tentare una dimostrazione: le
classi sociali. Per Dugin Capitale e Lavoro restano valori astratti e non
diventano mai capitalisti e lavoratori, soggetti concreti.
È naturale che la teoria di
sviluppo storico delineata da Dugin si completi con l’argomento
etnico-razziale. Confesso di aver letto distrattamente questa parte, e di non
poter dar conto dei ragionamenti sulle etnie forti, che credono nel proprio
destino e su quelle deboli e rinunciatarie. Considero obsoleta la categoria
analitica proposta e non più fondata scientificamente come criterio di
ragionamento. Il suo utilizzo non serve che a confermare l’inattualità filosofica
di Dugin, fenomeno forse più assimilabile a quello dei predicatori della tanto
disprezzata “civiltà del mare”, che non legittimo rappresentante dello sviluppo
della filosofia postsovietica.
Giuseppe Veronica