Carmen Reinhart e Kenneth Rogoff, geni dell'economia di Harvard, in un celebre studio del 2010, indicavano, sulla base di un'ampia comparazione storica, l'esistenza di uno stretto rapporto fra livello del debito pubblico e crescita. Più esattamente giungevano alla conclusione che, quando il rapporto fra debito e Pil supera il 90 per cento si apre la recessione.
La loro formula ha fatto rapidamente scuola in tutto il mondo e ha determinato le scelte politiche dei governi.
Disgraziatamente, è sbagliata.
Un gruppo di economisti dell'Università del Massachusetts-Amherst ha rifatto i conti e, sulla base della stessa serie storica di Reinhart e Rogoff, arriva ad una conclusione opposta: in media, storicamente, i Paesi con un debito superiore al 90 per cento non vanno in recessione. Anzi, hanno, in media una, sia pur debole, crescita del 2,2%; un tasso che in Italia ci sogniamo.
Ben pochi si azzardano a dire che due economisti del livello di Reinhart e Rogoff abbiano deliberatamente manipolato i dati, benché questa sia l'ipotesi più probabile e anche ben comprensibile per chiunque sappia come è organizzata la ricerca scientifica.
Avrebbero, però, commesso errori grossolani, anche per ricercatori assai più modesti. Uno è puramente materiale, e derivato dall'eccesso di fiducia nei computer: un errore di codificazione ha escluso completamente dai calcoli Paesi come Australia, Austria, Belgio, Canada e Danimarca.
L'altro, troppo idiota per non essere deliberato, di aver escluso alcuni dati che contraddicevano la loro tesi.
Alle critiche, Reinhart e Rogoff hanno replicato con qualche imbarazzo, ammettendo l'errore di tabulazione e attribuendo l'esclusione dal calcolo di alcuni anni, per certi Paesi, alla mancanza dei relativi dati, al momento della stesura del loro saggio.
In Italia i due falsari avevano trovato pronta sponda in Alberto Alesina e Silvia Ardagna che, con una serie di conti sbagliati, erano arrivati addirittura alla conclusione che che l'austerità porta alla crescita.
A smentirli, infine, gli stessi padroni che volevano compiacere, il Fondo monetario internazionale, che ha pubblicato uno studio in cui si liquida, come solenne cazzata, l'ipotesi dell'austerità espansiva.
Di queste, e altre, bufale accademiche è lastricata la nostra quotidiana via al Calvario.
Il pensiero corre al destino di duri lavori manuali a cui Pol Pot avrebbe condannato simili studiosi, e indulge alla rivalutazione del dittatore cambogiano.
Ma non occorre eccedere, limitiamoci a chiedere con forza l'immediata chiusura dell'università Bocconi, succursale della più nera e truffaldina massoneria mondiale.
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