In quanto uomo, m'impegno ad affrontare il rischio dell'annientamento perché due o tre verità gettino sul mondo
la loro luce essenziale (Frantz Fanon)

sabato 19 gennaio 2013

Cassandra è antipatica, ma non sbaglia mai.

Si era davvero sperato che attorno alla candidatura di Ingroia si potesse realizzare quell'adunata dei refrattari che riportasse nelle aule del parlamento, sui media e nelle chiacchiere quotidiane un discorso critico oggi avvilito dall'asservimento al dogma dei giornalisti di destra, sinistra e centro e dalla santificazione subitanea di mediocri tirapiedi dei boss di quella organizzazione criminale perfettamente legale che è la finanza internazionale.
Per far questo, occorreva andare a stanarli, uno per uno, nelle pieghe del privato in cui si erano ritirati, smuoverli dalla ostinazione astensionista indotta dalle troppe delusioni, muoverli ad un nuovo entusiasmo attorno alla prospettiva, possibile e non solo necessaria, che cambiare si può.
Ma per essere convincenti bisogna utilizzare metodi coerenti con i fini che si professano.
Invece, l'alleanza con gli zombi della seconda repubblica, pur necessaria, in presenza di una legge elettorale che sembra scritta da Achille Campanile, si è rivelata una torva ammissione del fatto che cambiare non si vuole.
Questi partitini, più morti di un faraone della IV dinastia, hanno colonizzato con tracotanza le liste elettorali, fabbricandole, con  alchemica acribia, in applicazione delle regole arbitrarie di un manuale cencelli dei poveri.
Territorio e società civile, mantra immancabili nell'eloquio, si sono ridotti, nella pratica alla loro (misera) presenza sul territorio e nelle associazioni. 
Nel far ciò hanno umiliato qualsiasi velleità di cambiamento, riproponendo non solo vecchi atteggiamenti, ma i vecchi atteggiamenti di chi viene dipinto, probabilmente per distrarre l'attenzione da più efficienti funzionari del capitale,  come il nemico assoluto: Silvio Berlusconi.
  • come lui, incapaci di valutare serenamente l'esito catastrofico del proprio operare, continuano a sentirsi membri di un'aristocrazia indispensabile al Paese;
  • come fa lui per le sue puttane, anch'essi cercano di girare allo stato l'onere di mantenimento dei propri funzionari;
  • come lui, ritengono la fedeltà personale criterio principe dell'eleggibilità e utilizzano a tal fine, invece di scalzarli, i trucchi previsti da una legge elettorale che ha sostituito la nomina all'elezione.  
Per queste tutt'altro che nobili ragioni, Ingroia ha preferito, alle indicazioni dei territori, quelle dei talent scout di Scilipoti e della Maiolo.
Peccato, perché questa era l'occasione per costruire un vero partito democratico, dal basso, cioè il partito che esige delle ragioni dell'economia compatibili con la democrazia, e non una democrazia compatibile con le pretese della finanza.
Battersi per il cambiamento dell'ordine gerarchico concreto è la sola via per battersi per la maggioranza della popolazione, unificando tutte le lotte parziali contro l'ordine simbolico che, per quanto assommate, la maggioranza non la faranno mai.
Abbiamo quindi buttato via, almeno per ora, l'occasione di dar vita a un partito della democrazia progressiva, reincatenandoci alle modeste prospettive di una democrazia formale e autoritaria che confina la partecipazione politica a forme evasive e consolatorie disegnate sul modello del tifo calcistico.
Peccato. 

1 commento:

nannioz ha detto...
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